“In Italia il comparto vetro è tenuto in piedi dal vino”, Eco delle Città intervista il presidente di CoReVe Franco Grisan
Nel 2013 il 35% del vetro immesso al consumo è stato del comparto vinicolo, dove il vetro riciclato è oltre il 90%. L’intervista di ECO al Presidente del Consorzio Recupero Vetro Ing. Franco Grisan. Come va la raccolta differenziata, il problema delle “frazioni estranee” nel vetro, i progressi tecnologici nel riciclo e un po’ di storia del vuoto a rendere
Presidente Grisan, com’è andato il vetro nel 2013 in Italia, sia come immesso al consumo che come raccolta differenziata?
Non abbiamo ancora i dati definitivi, ma si può anticipare che per l’immesso al consumo il quadro generale è stato difficile, forse il solo comparto alimentare ha risentito un po’ meno. I consumi interni sono stati uguali o inferiori agli anni precedenti. Se l’industria del vetro tiene, è soprattutto grazie all’industria vinicola. Nel 2013 il 35% del vetro immesso al consumo è stato del comparto vino e nelle vetrerie che producono queste bottiglie il vetro è riciclato oltre al 90%.
Riguardo tutta la raccolta differenziata degli imballaggi in vetro, si conferma un’Italia a due velocità, anche se il sud sta inseguendo. Al nord la media è di 39 kg per abitante, 16,4 kg quella del sud (Puglia al 13,7, Campania 22,4). Nel sud c’è però un aumento medio dell’8%.
C’è ancora un problema “regole della raccolta”, molti cittadini non hanno le idee chiare, riceviamo ancora molto materiale inquinato da frazioni estranee al vetro. In sintesi: il sud migliora, ma c’è bisogno di più attenzione dai cittadini e più informazione da parte dei Comuni.
Quali sono gli errori più comuni nella raccolta differenziata degli imballaggi in vetro? Si fanno di più in alcune zone rispetto altre?
Noi dovremmo trattare solo imballaggi in vetro, ma spesso siamo costretti a raccogliere anche frazioni estranee, come il vetro cristallo. Ecco il perché della nostra ultima campagna, “Bottiglia vasetto, binomio perfetto”, quella con testimonial il geologo Tozzi. Il cristallo crea problemi alle vetrerie, il danno che subiamo con un bicchiere di cristallo è alto.
Altro problema è laceramica (come le tazze e tazzine buttate nel vetro) perché fonde ad una temperatura superiore al vetro. Se anche dei rottami in ceramica sono immessi nei forni per produrre la miscela del vetro, nel passaggio alla goccia, che poi diviene bottiglia, la ceramica rischia di restare in forma di microgranuli nel vetro della bottiglia, rendendola più fragile.
Ma perché è così dannoso il cristallo?
Faccia conto che un posacenere di cristallo rovina un intero camion di vetro (30 tonn vetro). E’ il problema non è la nocività del piombo, ma precise norme che dicono che il vetro da imballaggio non può contenere piombo, dovremmo cambiare le norme per accettare il cristallo. Nella situazione attuale non si può conferire insieme al vetro. Il cristallo è molto più pesante, brillante e sonoro, ma non è facile da distinguere dal vetro, quindi il problema c’è. Ecco perché in questa fase storica noi diciamo “solo bottiglie e vasetti, cioè imballaggi”.
Quindi tutto il resto (vetro non imballaggio, cristallo, ceramica) andrebbe nell’indifferenziato?
Sì, noi stiamo discutendo in questi giorni con ANCI, perché i Comuni indichino chiaramente dove mettere questi materiali. Veritas (l’azienda servizi ambientali di Venezia) lo fa. In realtà – allo stato attuale dell’organizzazione del riciclo – quei materiali dovrebbero andare negli inerti (gli scarti provenienti da lavori di costruzione e demolizione) o nell’indifferenziato.
Qual è il valore del vetro a tonnellata sul mercato e quello che riconoscete ai Comuni?
Il vetro è soggetto ad asta in base a due variabili: il rapporto domanda-offerta sul mercato in quel momento; la posizione geografica, perché la maggior parte delle vetrerie è al nord, seguendo l’industria alimentare, soprattutto quella vinicola (Veneto, Piemonte, Friuli). Quindi il rottame vetro che si raccoglie al sud vede aggiungersi il costo del trasporto, ecco perché il prezzo delle aste al sud è inferiore.Il dato medio delle aste del 2013 è stato di 12,7 euro/tonnellata, un valore molto lontano rispetto al nostro corrispettivo medio ai Comuni, 30/32 euro a tonnellate, con punte di 40 euro per la prima fascia. Il corrispettivo serve a coprire gli extra-costi dei Comuni e come vede il Consorzio riconosce un valore che è circa 3 volte il valore di mercato del vetro.
Nel 2013 CoReVe ha restituito ai Comuni l’82% dei ricavi del Consorzio: direttamente, tramite convenzioni con i Comuni o i delegati per il ritiro dei rifiuti di imballaggio in vetro raccolti, quindi del materiale “grezzo”; indirettamente, tramite convenzioni locali con vetrerie e gestori delegati titolari di impianti di trattamento del vetro per la consegna del rottame “pronto al forno” che, rispondendo al regolamento UE noto come “end of waste”, viene riciclato in vetreria.
La raccolta congiunta vetro bianco è colorato è sempre un problema?
Sì. Infatti molti vini bianchi stanno passando al vetro colorato (o verde), proprio perché più semplice da ottenere dal rottame misto (vetro verde più bianco). Ora però la tecnologia ci sta aiutando, ci sono macchine che vedono il pezzo di vetro colorato e lo separano. Sono macchine elettroniche, che usano telecamere, in grado di selezionare il tipo di vetro e anche la ceramica.
Qual è il vostro impianto più moderno?
L’azienda Vetreco, presso Supino (Frosinone), in funzione da fine 2013. E’ il più recente dei nostri impianti, il primo di elevato livello nel centro-sud, che era sguarnito di impianti di trasformazione (il che condannava il rottame del sud ad essere trasportato al nord). La Vetreco ha impianti di selezione per colore e di separazione di ceramica e cristallo.
Di recente abbiamo parlato di casi di restituzione del cittadino degli imballaggi in plastica, a fronte di buoni sconto Vede possibili casi simili nel vetro o un ritorno in Italia del “vuoto a rendere”?
Il vuoto a rendere è sicuramente “l’origine del vetro”, basta ricordare le bottiglie del latte (che pesavano moltissimo!). Ma ormai il sistema si è evoluto verso “contenitori a perdere”: sono più comodi e oggi la bottiglia in vetro pesa molto di meno di una volta. Ci sono altri problemi connessi al “rendere”: il vetro reso deve subire dei lavaggi, che implicano problemi ambientali di depurazione delle acque; il “rendere” aveva un senso quando l’industria delle acque minerali aveva bacini di consegna locali e limitati e si poteva accollare i costi di ritorno delle bottiglie.
Le do un numero significativo: negli anni ’90 300 milioni di bottiglie di acqua minerale a rendere sono state “barattate” con 6 miliardi di bottiglie di plastica “a perdere”; questo è stato il processo.
A Torino si è tentato di reintrodurre il “rendere” del latte, con delle bottiglie molto belle e resistenti, ma il cittadino non seguiva l’operazione, non riportava le bottiglie. Teoricamente sarebbe un processo più sostenibile, ma poi sul piano pratico non si riesce a realizzare.