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Il vuoto a rendere è davvero più sostenibile del riciclo?

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  • Il vuoto a rendere (Var) è un sistema che prevede il riutilizzo degli imballaggi per più rotazioni prima di riciclarli nella raccolta del vetro.
  • In Italia c’è… un vuoto. Il Var è principalmente utilizzato dal settore HoReCa.
  • Parlando del vetro a rendere, sapevi che, il 90% dell’acqua minerale in vetro è nel sistema del vuoto a rendere e che mediamente, una bottiglia per l’acqua compie 3 rotazioni all’anno e ha un’aspettativa di vita di 5 anni?
  • Dalla questione logistica al peso degli imballaggi, fino alla complessità dell’infrastruttura di distribuzione e lavaggio: scopriamo i principali svantaggi del vuoto a rendere.
  • La reale sostenibilità dei Var va valutata lungo l’intero ciclo di vita. Grazie a una rete già efficiente e diffusa, il riciclo degli imballaggi in vetro oggi risulta essere la soluzione più sostenibile nel nostro Paese, con un tasso di riciclo di oltre l’80%.

Check Var

Il Var non esiste solo nel calcio, ma anche nel mondo degli imballaggi. Non si tratta, in questo caso, di un assistente video che decide su gol e fuorigioco. Parliamo, piuttosto, del sistema del vuoto a rendere (da qui l’acronimo), che permette di restituire al fornitore un contenitore, una volta che lo si è utilizzato e svuotato del contenuto. In questo senso, il Var è l’opposto del Vap, ovvero il vuoto a perdere, che, dopo l’utilizzo, viene gettato.
Come nel calcio, però, il vuoto a rendere tiene banco ed è argomento di discussione. Apparentemente, il sistema del vuoto a rendere risulta più sostenibile, ma le cose stanno effettivamente così? Scopriamolo insieme.

Che cos’è il vuoto a rendere

I sistemi di vuoto a rendere non sono un’invenzione recente: se ne parla da almeno sessant’anni. Si tratta di sistemi volti a incentivare i cittadini alla raccolta e al riutilizzo degli imballaggi di bevande monouso per ridurre l’inquinamento ambientale. Di fatto, l’utente viene coinvolto direttamente nel processo di raccolta dei contenitori, siano essi di vetro, di plastica o di alluminio.
Tutto, o quasi, ruota attorno al concetto di deposito cauzionale (DRS – Deposit Return Scheme). È previsto, cioè, il pagamento di una cauzione, che si aggiunge al prezzo di vendita, che viene poi restituita nella sua totalità al consumatore, quando riporta l’imballaggio in un determinato punto di raccolta.

In Italia c’è… un vuoto

Se la Germania, oggi, rappresenta uno dei casi di studio migliori in Europa in tema di vuoto a rendere, l’Italia lo è stata fino agli anni ’80. La pratica si era diffusa gradualmente lungo lo Stivale, salvo poi affievolirsi nei decenni successivi. Attualmente, nonostante qualche iniziativa e sperimentazione qua e là, nel nostro Paese non esiste un obbligo legislativo sul vuoto a rendere. Questo sistema, da noi, è diffuso quasi esclusivamente nell’HoReCa e non esiste una rete logistica su larga scala pensata per i consumatori, che coinvolga quindi supermercati e negozi. Eppure, il tema è tornato in auge, con molti cittadini che spingono per… riempire questo vuoto senza essere consapevoli delle implicazioni reali.

Come funziona il vuoto a rendere

La caratteristica del vuoto a rendere è il riutilizzo, per un certo numero di cicli, detti “rotazioni”, degli imballaggi. Riutilizzo, attenzione, non riciclo: riuso e riciclo sono due concetti profondamente diversi e di strategie distinte nella gestione dei rifiuti. Sintetizziamo?

  • Il riutilizzo prevede un’azione immediata che ripristini la funzionalità dell’oggetto, anche diversa dall’originale.
  • Il riciclo viene fatto usando un bene già assegnato alla filiera dei rifiuti che viene trasformato per produrre qualcosa di nuovo, analogo o molto diverso a ciò a cui era servito originariamente.

Parlando del vetro a rendere, mediamente, una bottiglia per l’acqua compie 3 rotazioni all’anno e ha un’aspettativa di vita di 5 anni. Mentre una bottiglia per la birra compie 5 rotazioni all’anno per circa 3 anni1.

LEGGI ANCHE: Guida pratica al vetro da riciclare: come fare (e perché farlo)

Gli svantaggi del vuoto a rendere

Il sistema del vuoto a rendere prevede che le bottiglie, una volta utilizzate, vengano raccolte e conservate in attesa di poterle restituire al fornitore. Ciò può comportare un’occupazione di spazi non trascurabile, soprattutto per le attività più piccole. Il fornitore, infine, si occupa del recupero e del trasporto delle bottiglie verso l’impianto di lavaggio e igienizzazione, da cui verranno reimmesse nel circuito produttivo.

Non bisogna anche dimenticare che in paesi come la Germania dove il sistema di riciclo si basa sul Var esistono solo una bottiglia universale per l’acqua e una per la birra e tutti i produttori utilizzano gli stessi formati differenziandoli unicamente con le etichette. In Italia invece si è consolidata la personalizzazione dell’imballaggio di vetro che vede quindi ogni produttore farsi produrre bottiglie e vasetti personalizzati e iconici che rendono riconoscibile ogni brand. Questo implicherebbe la necessità di raccolte separate e dedicate con sistemi di raccolta complessi e inefficienti a livello di distanze percorse per raggiungere gli stabilimenti produttivi.

Uno studio ha evidenziato che il Var è sostenibile ambientalmente se le distanze tra punto di raccolta e produttore sia minore di 250 km, purtroppo tale distanza non sarebbe rispettata nella stragrande maggioranza dei casi data la conformazione peculiare dell’Italia lunga e stretta.

Inoltre servirebbe dotare le aziende utilizzatrici degli imballaggi di impianti di lavaggio e sterilizzazione dei vuoti e smantellare la struttura di impianti di trattamento presenti in Italia e considerati a livello mondiale di assoluta avanguardia

Non da ultimo per poter resistere a tutti questi spostamenti e trattamenti, le bottiglie VAR sono più robuste e, quindi, più pesanti. Secondo i dati in possesso a CoReVe, un imballaggio a rendere pesa mediamente tra il 28% e il 48% in più rispetto ad un imballaggio a perdere.

Ciò va in controtendenza rispetto all’orientamento attuale che vede le bottiglie e vasetti monouso pesare sempre meno grazie all’eco-design imposto anche dalla nuova normativa europea. L’alleggerimento medio rispetto agli imballaggi degli anni ‘90 è dell’8,8%. Ciò è reso possibile da una progettazione che segue i dettami dell’ecodesign e l’introduzione di nuove tecnologie che hanno efficiente il sistema produttivo.

Va sottolineato che un peso maggiore ha delle implicazioni da non sottovalutare in termini ambientali. Infatti, per trasportare avanti e indietro questi imballaggi, i mezzi consumano più carburante, producendo quindi una maggior quantità di CO2. Inoltre, il VAR implica una infrastruttura di distribuzione e lavaggio complessa che, per la cittadinanza, dovrebbe essere creata da zero, con investimenti economici e ambientali ingenti.

LEGGI ANCHE: Decarbonizzazione: il futuro presente dell’industria del vetro

Non è una guerra di religione

Quando si parla di vuoto a rendere e riciclo si tende spesso, a immaginarla come una guerra di religione. In realtà, non è così. Non è un caso, per esempio, che CoReVe supporta l’elaborazione dei dati relativi al circuito degli imballaggi “a rendere”. Nessun ostracismo, dunque.

Lo si evince dalla stessa campagna A Buon Rendere², che si batte per l’introduzione di un sistema di deposito cauzionale per gli imballaggi monouso per bevande (plastica, alluminio, vetro). I promotori evidenziano che l’obiettivo è introdurre un sistema di raccolta efficiente dei contenitori per bevande, volto a migliorare il sistema di raccolta e di riciclo attuale, riducendo sensibilmente l’inquinamento ambientale.

Quando si deve valutare l’effettiva sostenibilità di una soluzione, è fondamentale valutare l’intero ciclo di vita di un prodotto (LCA, in inglese “Life cycle assessment”). Questo tipo di analisi permette di fare un confronto basato su dati concreti, che tengono conto delle condizioni effettive del contesto economico e sociale. Allo stato attuale, il miglioramento della raccolta differenziata del vetro resta il sistema più sostenibile. Esiste, infatti, una rete già consolidata di aziende e enti che garantisce percentuali di riciclo molto elevate. Secondo le stime Conai³, nel 2025 si prevede che venga riciclato oltre il 75% degli imballaggi immessi sul mercato.

In Italia grazie al sistema misto applicato siamo stati in grado di raggiungere e superare con ben 11 anni di anticipo il target fissato dall’Unione Europea per il vetro per il 2030 del 75%

La sfida, a nostro avviso, sta nel migliorare ulteriormente la qualità della raccolta differenziata, puntando su una maggiore attenzione e consapevolezza da parte dei cittadini. Inoltre, i progressi tecnologici, così come la diffusione dell’ecodesign, stanno rendendo il riciclo degli imballaggi in vetro sempre più semplice, economico ed ecologico.

 

NOTE

1 Per approfondire: Programma specifico di prevenzione 2024 di CoReVe 

2 Conosci meglio la campagna nazionale A Buon Rendere – molto più di un vuoto

3 Per approfondire: Riciclo imballaggi, per il 2025 previsto il 75,2%, Conai

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